lunedì 28 marzo 2011

Falsa terremotata pro Mr. B


Dal sito del Fatto Quotidiano:


Che spesso a Forum ci siano attori a interpretare i protagonisti delle varie cause, è cosa nota e non fa notizia. Altro discorso è, tuttavia, quando questa prassi viene utilizzata per veicolare concetti cari al Governo. Come il presunto “miracolo aquilano”. Ecco cosa va in onda nel corso della puntata di venerdì 25 marzo, la mattina, su Canale5 (la si può vedere per una settimana sul sito ufficiale). Rita Dalla Chiesa presenta una causa di tal Marina, sedicente aquilana terremotata e titolare di un negozio di abiti da sposa. La signora chiede all’ex marito, da cui è separata, un contributo una tantum, in luogo degli alimenti, per far ripartire la propria attività. Nel corso del dibattito, la signora dice, fra l’altro, che dopo il terremoto «Hanno riaperto tutte le attività, manca solo la mia. Stanno pure ricostruendo. Anzi, dobbiamo ringraziare qualcuno che non ci ha fatto mancare niente.» Racconta la notte del 6 aprile, la descrive come «la fine del mondo. Si sono staccati persino i termosifoni dal muro.» Dice di non voler fare la terremotata a vita, di volersi rimboccare le maniche, poi ringrazia il Presidente, il Governo: «Tutti hanno le case, coi giardini, coi garage, nessuno sta in mezzo alla strada, le attività stanno riaprendo, voglio riaprire anche la mia.» Dell’emergenza abitativa all’Aquila si è già detto. Dalla Chiesa la incalza: «So che adesso mi tirerò addosso gli strali, ma dovete ringraziare anche Bertolaso, perché ha fatto un grandissimo lavoro». Comincia a diventare chiaro il messaggio: la signora Marina, che vincerà la causa, rappresenta l’ottimismo e la gratitudine, l’ex marito invece è il pessimista ingrato. Una rappresentazione binaria della realtà aquilana, che naturalmente non corrisponde al vero. Quando il giudice si ritira per deliberare, durante il talk show di commento, la cosa diventa ancora più evidente. La signora Marina dichiara, per esempio: «Sono rimaste fuori solo 300/400 persone, stanno in hotel perché gli fa pure comodo, mangiano, bevono e non pagano nulla, pure io ci vorrei andare.» La cosa, come si può verificare dal sito ufficiale del Commissario per la ricostruzione, non risponde al vero e non rappresenta la realtà aquilana. Ma c’è dell’altro. La signora non è aquilana. Su Facebook, fra i terremotati, la notizia comincia a circolare: Marina sarebbe, in realtà, una fioraia di Popoli (in provincia di Pescara). Non una terremotata. E gli aquilani veri cominciano a protestare sulla pagina Facebook del programma, in maniera veemente. I tentativi di riequilibrare il dibattito in studio vengono lasciati a poche voci disinformate: una ragazza sostiene di aver lavorato con la Protezione civile e dice che all’Aquila ci sono ancora le tendopoli. Ovviamente non è vero. Arriva persino un ragazzo veneto che propone la retorica del bisogna rimboccarsi le maniche. Il quadro si completa. L’Assessore alla Ricostruzione, Stefania Pezzopane, dice al Quotidiano d’Abruzzo: «Della sartoria della signora a L’Aquila non c’è mai stata ombra. Se avessero voluto raccontare storie vere, qui ne abbiamo tante. Il fatto che si sia voluto rappresentare un dramma con una storia finta la dice lunga sulle intenzioni di certi mezzi di informazione che hanno oscurato L’Aquila per mesi e ora, alla vigilia del secondo anno, quando sono attesi mezzi di informazione da tutta Europa in città, cercano di “ridimensionare” un presente che non è quello raccontato». Poi, scrive una lettera alla conduttrice «Durante la trasmissione persone che, mi risulta, nulla hanno a che vedere con L‟Aquila, hanno parlato della situazione attuale, facendone un quadro distorto e assolutamente non veritiero». E le rivolge un invito: «La invito a venire all’Aquila per vedere con i suoi occhi come si vive qui e che cos’è stato il nostro terremoto». Ma intanto, televisivamente parlando, il messaggio è passato. Al punto che la parte dedicata alla causa di “Marina la sarta aquilana” viene chiusa con la lettura di una mail da parte di tal Anna da Pescara. Che chiosa: «Gli aquilani sono un popolo un po’ vittimistico. Tanta gente sta approfittando della tragedia». E probabilmente, per la maggior parte degli spettatori di Forum (la puntata ha totalizzato uno share del 20,05% per 1.642.000 spettatori) l’udienza è tolta.

domenica 13 marzo 2011

Artico di James Rollins

Dal sedile del copilota Matthew guardava il sole, che sembraqva arrampicarsi sulla cima del mondo. La luce splendeva sulla curvatura del ghiaccio, facendogli bruciare gli occhi. Jenny indossava gli occhiali da pilota; Matthew invece, guardava la bellezza dell’aurora nella regione artica senza protezione. Ormai mancava soltanto una decina di albe; poi il globo freddo sarebbe stato nel cielo per quattro mesi buoni. Quindi lassù si imparava ad apprezzare ogni alba e ogni tramonto.

Quel mattino era spettacolare. Un vento contrario e continuo da sud-est era riuscito a diradarel’onnipresente nebbia, che di norma stava sospesa sulla calotta. Sotto, in tutte le direzioni, giaceva un mondo incontaminato di merlato ghiaccio, frastagliato da picchi cristallini e pozze blu cielo


Ecco un estratto da Artico di James Rollins edito da Nord.

Un vero tuffo nelle glaciali e inospitali terre dell’estremo nord del nostro pianeta.


Ecco la quarta:

"I ghiacci dell'Artico nascondono un segreto che deve essere distrutto... a tutti i costi
Poco prima della seconda guerra mondiale, alcuni tra i più brillanti scienziati dell'Unione Sovietica erano stati trasferiti in un'imponente base segreta costruita sotto la calotta polare, per lavorare a un progetto rivoluzionario che avrebbe cambiato il corso della Storia. Poi, improvvisamente, gli esperimenti erano stati sospesi e la base abbandonata: quel luogo doveva essere dimenticato da tutti, sepolto per sempre nei ghiacci dell'Artico...
Sessantacinque anni dopo, un sottomarino americano equipaggiato per effettuare ricerche marine si avvicina casualmente a un enorme isola di ghiaccio, che si inabissa nelle profondità dell'oceano Artico, e i ricercatori a bordo scoprono che al suo interno è incastonata una struttura artificiale. Ma non solo, mentre stanno scandagliando l'isola col sonar, registrano un fugace movimento: qualcuno si aggira nella base, qualcuno - o qualcosa - che non sarebbe mai dovuto sopravvivere... La notizia mette in fibrillazione i servizi segreti di Stati Uniti e Russia, così scienziati e soldati vengono spediti tra i ghiacci dell'Artico per fare luce su quella scoperta. Ma anche alcuni civili - come Matthew Pike, un ex militare delle Forze Speciali che, dopo la morte del figlio, si è ritirato in Alaska - verranno loro malgrado coinvolti in un vortice di segreti, violenza e tradimenti, perché quella base segreta nasconde misteri che non devono essere svelati."


Il ritmo del racconto è martellante, non ci si riposa mai e gli eventi si svolgono in un arco di tempo brevissimo. Le location d’azione sono molte: si parte dalle foreste dell’Alaska, per passare ad una vecchia base incastonata in una gigantesca isola di ghiaccio sommersa, si arriva ad una base flottante sui ghiacci artici e si passa in ben due sottomarini.

Non c’è mai tregua: ognuno dei personaggi corre contro il tempo per salvarsi da avversari pronti a tutto pur di mettere le mani su un segreto che giace nei labirinti di ghiaccio del mare più freddo del mondo.

La parola Grendel riecheggerà nel racconto evocando il mito del drago ucciso da Beowulf e le leggende annesse finchè non verrà scoperta l’origine storica e biologica di tale mito.

Protagonisti diversi diverranno improbabili compagni d’avventura: un ex berretto verde, la ex moglie e il suo ex suocero inuit, abitanti dei ghiacci da secoli.



Riguardo questo popolo accennerò solo poche righe: il nome Eschimesi, una parola indiana del popolo Cree che significa mangiatori di carne cruda è un termine dispregiativo, non usato da molto tempo. Essi chiamano se stessi Inuit (o Yuit in siberiano e in alcuni dialetti dell'Alaska), cioè “il popolo” in lingua Inuktitut.

Anche l’alfabeto Inuit avrà la sua importanza.


Avremo poi scienziati di vario tipo: glaciologi, biologi e paleontologi. E naturalmente militari buoni e cattivi (non potrà mancare il mitico soldato Kowalski).

Merita una particolare menzione un personaggio che spesso ruberà la scena ad altri: Bane, un magnifico incrocio tra un lupo e un alaskan malamute.

Un libro da leggere tutto di un fiato! Si fa per dire viste le sue 400 e rotte pagine.

Sicuramente ne uscirebbe fuori una sceneggiatura coi fiocchi.

Consigliato!





domenica 6 marzo 2011

Glenn Cooper-La mappa del destino

Io, Barthomieu, monaco dell’abbazia di Ruac, ho duecentoventi anni. E questa è la mia storia

Non è propriamente l’incipit dell’ultima fatica di Glenn Cooper ma è sicuramente la frase più adatta a descrivere l’atmosfera in cui è immerso questo romanzo. Archeologia preistorica, storia medievale e scienza si mischiano come ingredienti di un filtro magico che si attiverà solo grazie all’ultimo componente fondamentale della ricetta: la nostra immaginazione.

La quarta di copertina ci offre un assaggio:

Per settecento anni è rimasto nascosto in un muro dell’abbazia. Poi una scintilla ha scatenato un incendio e il muro è crollato. Stupito, l’abate Menaud sfoglia quel volume impreziosito da disegni di animali e di piante. È scritto in codice, ma le prime parole sono in latino: Io, Barthomieu, monaco dell’abbazia di Ruac, ho duecentoventi anni. E questa è la mia storia.

Per migliaia di anni è rimasto immerso nell’oscurità.

Poi un’intuizione ha squarciato le tenebre.

Incredulo, l’archeologo Luc Simard cammina in quel grandioso complesso di caverne, interamente decorate con splendidi dipinti rupestri. E arriva all’ultima grotta, la più sorprendente, dove sono raffigurate alcune piante: le stesse riprodotte nell’enigmatico manoscritto medievale…

Per un tempo indefinibile è rimasto avvolto nel mistero. È stato custodito da santi e da assassini, è stato una fonte di vita e una ragione di morte.

Poi un imprevisto ha rischiato di svelarlo agli occhi del mondo.

Spietati, gli abitanti di Ruac non hanno dubbi: i forestieri devono essere fermati. Perché la cosa più importante è difendere il loro segreto. A ogni costo.




La descrizione della serie di grotte preistoriche ci riporta alla mente Altamira e Lascaux, con le loro vivide rappresentazioni animali e solo la nostra fantasia riuscirà a rendere corpose le descrizioni dei disegni che il nostro Luc Simard rinviene.

Ma la preistoria è solo la prima delle stanze del tempo che Cooper ci farà visitare.



Nel 1119 alcuni cavalieri, fondarono un nuovo ordine monastico-militare, l'Ordine dei Cavalieri del Tempio. L'Ordine ottenne nel concilio di Troyes del 1128 l'approvazione di papa Onorio II e sembra che la sua regola sia stata ispirata da Bernardo di Chiaravalle.

La seconda crociata del 1147 fu opera della sua predicazione.

Qui non si parla dei Templari ma del loro ispiratore.

Bernardo di Clairvaux fu un monaco cistercense che ebbe grande fama presso il clero contemporaneo e lo citiamo, in questa sede, per la disputa che ebbe con un altro grandissimo rappresentante della cultura dell’epoca: Pietro Abelardo.

Egli fu un filosofo, teologo e compositore. Fu uno dei più importanti e famosi filosofi e pensatori del medioevo, precursore della Scolastica e fondatore del metodo logico. Per alcune idee fu considerato eretico



La carriera di Abelardo a Parigi, come insegnante allam prestigiosa cattedra di Notre Dame, dal 1108 al 1118, fu brillante. Nella sua Historia raccontava come gli allievi si affollassero intorno a lui da ogni parte d'Europa, un'affermazione più che confermata dai suoi contemporanei.

Abelardo nel 1118, alle soglie dei 40 anni, riceve dal canonico Fulberto l'incarico di precettore della nipote Eloisa, orfana diciassettenne uscita dal monastero di Argenteuil, la cui intelligenza suscita ammirazione in tutta l'Ile de France.

Fu un amore travolgente e segnato dalla tragedia.

Sospresi dallo zio di lei furono costretti al matrimonio, rimasto però segreto per volere di Abelardo che non voleva perdere la cattedra.

Fu allora che la vendetta dello zio si concretizzò nel peggiore dei modi: Abelardo fu evirato ed Eloisa fu costretta ad andare in convento, dopo aver partorito il figlio dei due: Astrolabio.


Nel cimitero di Père-Lachaise esiste ancora il monumento funerario per Abelardo ed Eloisa. Eretto nel 1779 nell'abbazia del Paracleto e trasferito nel cimitero parigino nel 1815, quel ciborio goticheggiante.

La disputa tra Bernardo di Chiaravalle e Abelardo era di natura teologica e Bernardo riuscì a far dichiarare eretiche alcune tesi di Abelardo che in seguito entrarono nella visione filosofica di pensatori come Tommaso d’Aquino.

In questa disputa vediamo inserirsi il nostro autore il quale ci descrive un rapporto tra i due monaci che supera le dispute accademiche e arriva alla sincera amicizia. Ovviamente si tratta di una finzione letteraria che non trova riscontro nella documentazione storica ma che ci regala l’intensità di un rapporto di reciproca ammirazione tra due menti eccelse del XI secolo.



Il percorso del romanzo ci farà spostare su diverse assi temporali: dalla preistoria al medioevo e, naturalmente ai gioni nostri.

Un ritmo alto e costante che ci porterà a svelare un segreto descritto in un’antichissima grotta preistorica, raccontato in un manoscritto medievale e custodito gelosamente dagli abitanti di una piccola frazione francese che hanno tutta l’intenzione di rimanere al di fuori dei riflettori della storia.